mercoledì 12 giugno 2013

Intervista a Caterina D'Amico, preside della Scuola Nazionale di Cinematografia

Note biografiche:


Caterina d'Amico nasce a Roma nel 1948. Figlia di Fedele d'Amico (storico e critico musicale) e di Suso Cecchi d'Amico (sceneggiatrice). Frequenta la Facoltà di Filosofia all'Università La Sapienza di Roma e alcuni corsi di Scienze Sociali alla University of East Anglia di Norwich (GB).
Organizzatrice teatrale, assistente alla regia, conduttrice radiofonica, autrice di programmi televisivi, ha pubblicato saggi in riviste e volumi italiani e stranieri e diversi libri sulla messinscena teatrale, la moda e il costume. Dal 1976 a oggi ha ideato e allestito, in Italia e all'estero, quaranta mostre documentarie su temi inerenti alle arti dello spettacolo, curandone i cataloghi. Ha organizzato e curato rassegne e retrospettive cinematografiche.


Il Centro Sperimentale di Cinematografia:



Da oltre settanta anni il Centro Sperimentale di Cinematografia ha l'obiettivo di scoprire e formare nuovi talenti. Intere generazioni di cineasti e i più illustri rappresentanti del nostro cinema sono passati per le sue aule e i suoi teatri di posa. La Scuola Nazionale di Cinema, settore del Centro Sperimentale di Cinematografia, è dedicato all'insegnamento delle professioni del cinema, e offre un programma didattico della durata di tre anni strutturato per aree interdisciplinari e finalizzato alla specifica preparazione in regia, sceneggiatura, recitazione, fotografia, montaggio, tecnica del suono, produzione, scenografia, arredamento e costume. Per quanto riguarda le strutture dedicate, la Scuola dispone di una sala cinema, che ospita seminari ed eventi cinematografici, di un laboratorio informatico, di tre teatri di posa, di una sala mix, di tre palestre e di numerosi altri laboratori e aule. La Scuola, all'avanguardia per quanto riguarda le attrezzature tecnologiche ha apportato un ulteriore incremento alle sue strutture con la creazione del Dipartimento di Cinema Digitale "Telecom Italia", uno dei principali esempi in Europa di laboratorio avanzato per lo studio e la sperimentazione in questo settore.


La sua esperienza come preside:

Dal 1988 al 1994 è stata Sub-Commissario del Centro Sperimentale di Cinematografia, con delega per la Didattica e i rapporti culturali. Dal 1998 al 1999 ha fatto parte del Consiglio d'Amministrazione della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e, dal 1999 al 2007, è stata Preside della Scuola Nazionale di Cinema del Centro Sperimentale di Cinematografia, da gennaio 2013 ricopre nuovamente questo ruolo.


Direttore artistico della Case del Cinema:




Da due anni Caterina D’Amico è direttore artistico della Casa del Cinema (http://www.casadelcinema.it) , che ha trovato finalmente la propria sede nel settembre 2001 nella Casina delle Rose di Villa Borghese (in stato di totale degrado da oltre 25 anni) grazie alla convinta disponibilità del Comune di Roma, proprietario dell’immobile. Integralmente restaurata, fu inaugurata nel 2004 alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta e di pressoché tutte le professionalità del cinema italiano che l’accolsero con entusiasmo. La CdC dispone di tre sale di proiezione dotate anche delle più evolute tecnologie digitali (la Sala Deluxe, la Sala Kodak e la Sala Gian Maria Volontè); di un teatro all’aperto provvisto di schermo, camerini e servizi; di due sale espositive; di una caffetteria-ristorante gestita da Palombini. Anche qui un bell’esempio di mixitè funzionale.


Altri incarichi:

- Dal 1993 al 2000 è stata Presidente dell'Associazione Europea di Scuole di Cinema e Televisione GEECT.
- Nel 2000 è stata eletta Presidente dell'Associazione Internazionale di Scuole di Cinema e Televisione CILECT, carica che ha ricoperto fino al 2008.
- Dal 1996 al 2000 ha collaborato con Martin Scorsese, in qualità di produttore associato, a tutte le fasi della realizzazione del documentario sulla storia del cinema italiano My voyage to Italy.
- Nel 1998 è stata Socio Fondatore della Fondazione "Théatre des Italiens", di cui è stata Presidente fino al 2002.
- Nel biennio 2005-2006 ha fatto parte della Commissione Consultiva per la Cinematografia - Sezione Lungometraggi.
- Dal luglio 2007 al luglio 2010 è stata Amministratore Delegato di Rai Cinema.
Ha dedicato molti anni allo studio dell'opera di Luchino Visconti, su cui ha scritto diversi saggi e volumi. Attualmente è il responsabile scientifico dell'Archivio Luchino Visconti, conservato presso la Fondazione Istituto Gramsci.




Attendo per pochi minuti nel patio della scuola vissuto a pieno dagli studenti che leggono sul prato, bevono un caffè sulle panchine e parlano, fanno, sognano cinema. Mi riceve nel suo studio Caterina D’Amico e subito l’agitazione passa, il suo sorriso e la sua pacatezza sciolgono qualsiasi indugio ed imbarazzo … iniziamo!
Il mio progetto, caratterizzato da una faglia verde fruibile in copertura, che squarcia completamente il terreno, la cattura fin da subito, ricordandole l’Opera di Oslo che richiama alla mente con un sorriso, probabilmente meta di un suo viaggio.


Di che cosa necessita una scuola di cinematografia oggi e come devono essere organizzati i laboratori?

“Iniziamo con il definire il cosa, per il come la cosa migliore che posso fare è farti visitare il Centro Sperimentale!”

Il TEATRO DI POSA non è semplice da realizzare, risponde a tutta una serie di normative se deve essere affittato ad esterni, nel tuo caso vedrei più uno spazio ad uso interno, scolastico, una sala prove polivalente dove si può anche girare. E’ solitamente uno spazio non eccessivamente grande, completamente isolato acusticamente, illuminato da sola luce artificiale, caratterizzato da alti soffitti in maniera tale da posizionare su di una graticcia luci e macchinari, raggiungibili per mezzo di camminamenti con torrette mobili. Intorno si ha il panorama, un fondo neutro che costituisce una sorta di intercapedine tra il muro esterno e la scenografia vera e propria illuminato di volta in volta per ricreare una luce naturale. Il montacarichi è necessario se la sala non si trova a livello, altrimenti non è indispensabile mentre, cosa importante sono i magazzini, che sono molti: di scenografia, di attrezzeria e di mezzi tecnici (per le macchine da presa, le luci, i carrelli).

LABORATORIO DI MONTAGGIO:
-Per un’attività di gruppo deve essere organizzato per isole di lavoro messe in rete.
-Per attività strettamente di montaggio sono necessarie una o due sale individuali con due postazioni (montatore  e regista).

LABORATORIO DI FOTOGRAFIA:
Necessita di uno spazio ampio, senza camera oscura perché ormai la nuova scuola di cinema è totalmente digitale, anche qui luce assolutamente artificiale.

LABORATORIO DI SCENEGGIATURA:
Poche e semplici cose … penna, foglio e tanta inventiva
Classi di scenografia, costume, recitazione per una piccola scuola non te le consiglierei, richiedono spazi ampi con tecnigrafi ecc… puoi servirti di persone esterne.


Come integrerebbe l’attività didattica all’apertura al pubblico della scuola?
“Sicuramente dividerei in senso temporale la fruizione alla struttura. Ragionare per fasce orarie o giornaliere, come ad esempio aperture nel weekend, è la cosa migliore per una scuola aperta alla comunità. Questo non esclude eventi particolari e salutari se fatti in un contesto pubblico come la proiezione di film: corti, lunghi o documentari che siano. Vederli insieme con il pubblico come vedere anche il proprio work in progress con un confronto aperto come finale è una cosa bellissima”.


In che modo attuerebbe questo processo?
“Le sale dovrebbero avere una programmazione in parte rivolta agli studenti, in parte al pubblico, le conferenze, i dibattiti ed alcune lezioni frontali dovrebbero essere in parte rivolte agli studenti, in altra parte aperte al pubblico. Tutto questo sarebbe magnifico!”


Come si immagina lo spazio espositivo?
"Uno spazio flessibile, dotato di pannelli e numerosi monitor dove possano passare i lavori degli studenti".


Sarebbe interessata a promuovere/finanziare un progetto simile?
"Perché no. Educare alla cultura cinematografica il grande pubblico è fondamentale nella società odierna per fare del buon cinema. Molti credono che con la nuova tecnologia tutti siano in grado di girare qualcosa; è necessario ridare spessore e qualità a questa arte, che non si improvvisa".

L'intervista si è conclusa con una visita alla Scuola Nazionale di Cinematografia, ho potuto vedere i suoi laboratori, le sale prova ed il teatro di posa.
Colgo l'occasione per ringraziare ancora la sig.ra Caterina D'Amico e ricordale l'invito all'esame che si terrà il 15/16 e 17 luglio presso la facoltà di Architttura a via Flaminia 70.

martedì 11 giugno 2013

Una giornata al Centro Sperimentale di Cinematografia - Roma, Cinecittà













Partnership: Claudio Di Mauro

Grazie all’interessamento di Simone Rosati, sono riuscita ad ottenere un’intervista con Claudio Di Mauro, celebre montatore che nel corso della sua carriera conta più di centosessanta lungometraggi. Ha lavorato con i più grandi registi del tempo e collezionato premi e riconoscimenti vari, tra cui spicca sicuramente il David di Donatello per il montaggio de “L’Ultimo Bacio”, film italiano del 2000 con Giovanna Mezzogiorno, Stefano Accorsi, Stefania Sandrelli e regia di Gabriele Muccino.


Registi con cui lavora:
Michelangelo Antonioni, Gabriele Muccino, Gabriele Salvator, Carlo Verdone, Giovanni Veronesi, Vincenzo Salemme, Ficarra & Picone.
Insegnamento:
Ha collaborato come docente con l'Accademia dell'Immagine dell'Aquila.
Premi e riconoscimenti:
David di Donatello per il montaggio de "L'Ultimo Bacio".
E'stato presidente dell'associazione montaggio cinematografico (AMC) E’membro della giuria del David di Donatello

Con trepidazione mi appresto ad inviare una e-mail a Claudio Di Mauro, ma la sua risposta subito scioglie ogni riserbo … gentile, conciso, esaustivo nella sua dialettica semplice ma efficace inizia con il parlare di Roma, del suo Festival del Cinema e del rapporto tra la città e l’arte dello spettacolo: “Roma ha un profondo ed importante legame con il cinema in quanto è stata scenario della maggior parte dei film italiani ed ha fatto la storia del cinema con gli studi di Cinecittà, il festival continua in questa direzione ad alimentare la cultura cinematografia, per questo è un evento positivo per la capitale”.
Visiona il mio progetto, le mie idee e con poche parole mi dà molto su cui riflettere: “il concetto di scuola di cinema è ad oggi obsoleto. Il salto in avanti nella formazione cinematografica si compie guardando il modello statunitense o inglese, dove si costituiscono laboratori in cui la formazione è gestita e portata avanti da professionisti del cinema, non da docenti universitari”.
L’intento di rinfunzionalizzare uno spazio interstiziale, abbandonato e degradato al fine di avvicinare  la comunità all’arte dello spettacolo lo convince: “il cinema è un' arte collettiva. Il fatto di essere aperto alla comunità influenza uno scambio continuo di idee, che alimenta il cinema stesso. Tale processo si attua se si dà alle persone che partecipano la possibilità di interagire con la struttura stessa, così da avere un dibattito sempre attivo e costruttivo.”
La sua visione della struttura organizzativa è chiara fin da subito: “i laboratori dovrebbero essere quelli delle principali figure professionali del cinema, per intenderci quelle dei titoli di testa, come fotografia, scenografia e costumi, montaggio e regia. Lo studio di ripresa deve essere sufficientemente ampio da poter far muovere  agevolmente una piccola troupe con le attrezzature, può essere anche staccato dal resto della struttura e necessita di montacarichi,  luce esclusivamente artificiale, soffitti alti più di 5 metri e buon isolamento acustico.”
Si immagina una struttura aperta 24 ore su 24, utilizzata la sera per attività di proiezione, promozione, anteprime e dibattiti. L’idea di insegnare e collaborare qui lo entusiasma a tal punto da proporsi come finanziatore ipotetico dell’opera, unica nel suo genere a Roma e capace di avvicinare ed educare il grande pubblico ad una conoscenza più profonda del cinema.

Chiacchierata con una studentessa di cinema...

Arrivo al  Dipartimento di Arti e Scienze dello spettacolo della Sapienza di Roma, alla facoltà di Scienze Umanistiche ed incontro lei, Silvia Pezzopane, una ragazza volenterosa pronta a darmi una mano anche in un periodo serrato come quello della sessione estiva. Inizia il suo background, la sua storia, seduti al tavolino di un bar...

E' all'ultimo anno e dopo aver raggiunto una preparazione abbastanza generale vorrebbe specializzarsi in costume di scena e scenografia, lavora nel settore da tempo ed ha intrapreso esperienze come curatrice di costumi o scenografie. Condivide la sua passione con altri ragazzi con i quali  autoproduce  piccoli progetti come videoclip o corti (http://genero.tv/watch-video/35813).

I suoi occhi hanno uno strano scintillio quando le chiedo come si è avvicinata al cinema e quando ha deciso di investire in questo settore tutto il suo futuro, "ho sempre avuto la passione dello spettacolo, sia teatrale che cinematografico, passando per la danza, e tento di unirla ad un'altra mia grande passione: quella per gli abiti, i tessuti e il riuso di materiali in ambito artistico." Ho pensato in quel momento che nessuno più di una giovane ed appassionata studentessa, ricca di idee e forza di volontà, potesse essermi d'aiuto nel progettare la mia piccola scuola cinematografica, aperta alla comunità, all'innovazione e perché no … al riuso di materiali in ambito artistico. 

Parliamo di tutto, dal Festival del Cinema di Roma, secondo lei poco pubblicizzato con costi abbastanza elevati, frequentato quasi sempre da cinefili, studenti e giornalisti e poche persone "normali" che vogliono godersi del cinema nuovo, a come l'arte dello spettacolo possa approcciarsi diversamente al grande pubblico. "Credo sia un'idea interessante mettere realmente a stretto contatto studenti di cinema con un festival come questo, senza far spegnere i riflettori sull'evento per il resto delle altre 51 settimane dell'anno" dice immaginandosi già li, indaffarata dietro le quinte.
E' particolarmente interessata al progetto Urban Voids, alla rinfunzionalizzazione di spazi interstiziali, abbandonati o degradati e tira un sospiro di sollievo quando consta che nelle università certi temi si trattano ancora e che, almeno nel percorso di studi, si pensa a certe tematiche che poi, chissà come, nel mondo reale vengono sempre soppiantate da colate di cemento e nuovo sfruttamento di suolo.
Iniziamo una chiacchierata più specifica sul progetto vero e proprio: "le persone dovrebbero recarsi in un posto come questo non semplicemente per vedere un film, ma per seguire dibattiti e cineforum, per stare a contatto con chi lavora nell'ambito alla maniera dei cinema d'essay, lasciando alle altre sale cinematografiche di Roma il mainstream e curando qui un altro aspetto del cinema, quello culturale e quasi totalmente celato al grande pubblico, innescando così un dinamismo che abbia impatto a livello territoriale e diventi un canale di interazione sociale". Mi confida che avendone la possibilità, sarebbe la prima a finanziare un progetto del genere e che se esistesse davvero sarebbe ben felice di continuarci a studiare e collaborare. Ma giungiamo a questioni più tecniche: "Di che cosa necessita una piccola scuola di cinematografia? Come la organizzeresti ?". Silvia sogna corsi di montaggio audio-video, di fotografia, trucco e abiti ed uno studio di ripresa indipendente con vari set ed un'illuminazione totalmente artificiale per un migliore risultato finale. Lo spazio espositivo lo immagina come un atelier dove gli studenti possano mettere in mostra i propri lavori e la scuola viva, aperta anche durante la notte, sia per iniziative serali promosse dalla stessa struttura sia per consentire agli studenti di proseguire il proprio lavoro. 
Conclude dicendo "Passerei le mie giornate in un luogo di incontro e cultura come quello che mi stai illustrando, grazie per questo piccolo film che mi hai permesso di fare con l'immaginazione".